
Intervento 50° del Presidente Dario Locchi all'Assemblea del 26.10.2020
L’Associazione Giuliani nel Mondo da 50 anni al servizio degli emigrati giuliani
Il 16 maggio del 1970, per iniziativa dell’allora Sindaco di Trieste Marcello Spaccini, nasceva l’Associazione Giuliani nel Mondo.
L’Associazione è, quindi, da 50 anni, insostituibile punto di raccordo tra la Venezia Giulia e una sessantina di circoli formati da emigrati triestini, goriziani, bisiachi, istriani, fiumani e dalmati nei cinque continenti.
Desidero innanzitutto esprimere profonda gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito alla costituzione e alla attività, con carattere di volontariato, dell’Associazione.
Voglio, quindi, ricordare tutti i Presidenti che si sono succeduti: Marcello Spaccini, Nereo Stopper, Guido Salvi, Lanfranco Zucalli e Dario Rinaldi.
Vanno ricordati, inoltre, i Segretari generali Bruno Orlando e Alfredo Princich ed il direttore Fabio Ziberna per la dedizione con cui hanno profuso il loro impegno a favore degli emigrati giuliani.
Alla storia dell’Associazione e a quella dei nostri Circoli all’estero abbiamo voluto dedicare due libri, curati dal nostro vicepresidente Eugenio Ambrosi, che sono in stampa proprio in questi giorni, ed una mostra che contiamo di allestire nel 2021.
Un sentito ringraziamento va, infine, a tutti gli Enti e alle Istituzioni che ci hanno sostenuto in tutti questi anni ed in particolar modo a quelli che renderanno possibile, nel 2021, l’organizzazione delle celebrazioni del 50°, Coronavirus permettendo.
Mi riferisco alla Regione (ed in particolare al nostro assessore di riferimento, l’assessore Pierpaolo Roberti, qui presente) e alla BCC, la banca che ci sponsorizza, e al suo Presidente Carlo Antonio Feruglio.
Il significato del 50°. C’è una Venezia Giulia fuori dai confini della Regione e dell’Italia.
Il significato del 50° è innanzitutto quello di ricordare agli enti, alle istituzioni, ai cittadini della Venezia Giulia che c’è un'altra Trieste, un'altra Gorizia, un’altra Venezia Giulia fuori dai confini della Regione e dell’Italia.
Se si vogliono azzardare delle cifre, si potrebbero indicare in circa 100/150 mila i giuliani sparsi nel mondo, fra emigrati di prima generazione, i loro discendenti e i protagonisti del fenomeno della nuova emigrazione.
Il significato del 50°. Un dovere di solidarietà. Il mantenimento dell’identità culturale
Il 50° costituisce una importante occasione per rinsaldare i nostri vincoli con i giuliani residenti all’estero e per rafforzare le iniziative volte alla salvaguardia della specifica identità culturale italiana e giuliana dei nostri emigrati presenti nei vari Paesi.
Le Comunità locali della Venezia Giulia hanno il dovere di mantenere sempre vivi e vitali i rapporti con gli emigrati giuliani, tuttora animati da profondo attaccamento alla loro terra natale ed impegnati a trasmettere i valori propri della nostra cultura anche alle nuove generazioni dei discendenti.
Gli emigrati come risorsa: ambasciatori nel Mondo
I nostri emigrati possono esserci d’esempio per il coraggio, lo spirito di sacrificio, l’onestà, la serietà, la laboriosità che li portarono a superare brillantemente le iniziali difficoltà, ad affermarsi e a raggiungere, nella maggior parte dei casi, posizioni di tutto rispetto e, in alcuni casi, anche di grande prestigio nei Paesi che li hanno accolti e costituiscono anche un’importante e preziosa risorsa ed un avamposto indispensabile per il ruolo internazionale che la Regione Friuli Venezia Giulia intende svolgere.
Il significato del 50°. Un’emigrazione diversa. Il dovere della memoria
La ricorrenza del 50° ovviamente costituisce anche l’occasione per rievocare le dolorose vicende che coinvolsero nello scorso secolo migliaia di triestini, goriziani, bisiachi, istriani, fiumani e dalmati costretti ad emigrare per le vie del mondo.
Vale la pena sottolineare ancora una volta che la nostra è stata un’emigrazione diversa da quella tradizionale delle altre regioni italiane, in quanto è stata, in gran parte, determinata dalle travagliate vicende storico-politiche che hanno interessato le nostre terre nella fase finale della seconda guerra mondiale e nel successivo dopoguerra.
Tra l’altro, andrebbe, a mio avviso, maggiormente approfondito l’impatto che questi fenomeni migratori hanno avuto sul tessuto sociale della Venezia Giulia ed in particolare sulla città di Trieste, una madre che ha perso i suoi figli vicini e ne ha accolto di lontani. Ricordiamo infatti che dal 1954 al 1961 partirono quasi 20.000 giuliani, la maggior parte triestini, quasi un decimo della popolazione della città:
E a proposito dell’Esodo, che ha costituito il flusso più significativo dell’emigrazione giuliana, va detto che il Giorno del Ricordo ha finalmente sollevato il velo del silenzio dalla tragedia delle Foibe e riconosciuto senza ambiguità il torto orribile che fu compiuto ai danni delle popolazioni istriane, fiumane e dalmate costrette all'Esodo prima in Italia e poi, in gran numero (si parla di circa 100.000 persone) all’emigrazione in terre lontane.
Certamente bisogna guardare al futuro e non restare prigionieri del passato (e in tal senso recentemente sono stati fatti significativi passi in avanti), ma, a mio avviso, non si arriverà ad una vera riconciliazione fintantoché non si giungerà finalmente e da parte di tutti al pieno, reciproco, riconoscimento dei crimini commessi dal fascismo e dal comunismo durante e al termine della seconda guerra mondiale.
Il significato del 50°. I giuliani nel mondo verso il futuro: le nuove generazioni dei discendenti e la nuova emigrazione. Gli stage. Il corso Origini. I convegni continentali.
Ma, nel nostro intento, il 50° dell’Associazione vuole essere anche l’occasione per ripensare al nostro ruolo e guardare al futuro.
Abbiamo riscontrato un certo interesse nelle giovani generazioni dei discendenti a riscoprire le proprie radici. Come dico sempre, dobbiamo far capire loro che poter vantare una “doppia appartenenza” - e cioè essere cittadini argentini, australiani, brasiliani, canadesi o sudafricani e, allo stesso tempo, un po’ italiani e giuliani - è una opportunità in più da sfruttare per la loro vita futura.
In tal senso vanno gli stage formativo-culturali per i giovani di origine giuliana provenienti dall’estero che l’Associazione, con il finanziamento della Regione, organizza ogni anno, ed il Corso “Origini”, organizzato dal M.I.B. al quale ogni anno partecipano alcuni giovani di origine giuliana.
Dai Convegni continentali organizzati negli anni scorsi con i giovani discendenti dell’Australia, del Nord e del Sud America e dell’Europa, è emerso però chiaramente che i nostri circoli, così come i fogolars, sono strutture che vanno bene per gli emigrati di prima, forse di seconda generazione, ma non corrispondono più alle esigenze della terza o della quarta generazione dell’emigrazione.
Per tentare di coinvolgere le giovani generazioni dei discendenti vanno pertanto incentivate nuove forme di aggregazione, di informazione e di partecipazione, costruite attraverso i moderni mezzi informatici ed i social network.
La nuova emigrazione.
Da diversi anni l’Italia è ridiventato un paese di emigrazione.
Le cause principali che spingono una parte degli italiani ad emigrare di nuovo sono, ora come nel passato, la disoccupazione, la sotto-occupazione, l’ascensore sociale bloccato da anni, le disuguaglianze crescenti e l’impoverimento diffuso.
In generale i nuovi emigrati sono più istruiti rispetto ai loro predecessori e molti vanno ad occupare posti di rilievo nel mondo della ricerca scientifica e tecnologica, dell’imprenditoria, oppure delle banche e delle assicurazioni, ma il fenomeno non riguarda esclusivamente i laureati, i cosiddetti cervelli in fuga, ma anche un’ampia fascia di popolazione messa a dura prova dalla crisi e che cerca quelle opportunità di lavoro e di realizzazione che non trova nel nostro Paese.
L’Italia ha urgente bisogno di frenare la ripresa dell’emigrazione, soprattutto giovanile, che, se è senza ritorno, impoverisce il Paese e minaccia le prospettive di sviluppo futuro. La mobilità professionale è certamente una risorsa dell’Europa, non è una palla al piede, ma formare un giovane costa molto in termini di spesa pubblica e privata, e moltissimo se la persona non torna e va a contribuire alla creazione di ricchezza e leadership scientifica in altri Paesi. Occorre, quindi, incentivare l’occupazione giovanile in Italia e dare finalmente spazio al merito.
Le Associazioni come la nostra, che si occupano dei corregionali all’estero, stanno da tempo seguendo il fenomeno della nuova emigrazione, sollecitando l’attenzione del Governo e delle amministrazioni locali. Abbiamo, tra l’altro, visto con favore e sostenuto il formarsi di nuovi Circoli composti, come a Londra, da giovani dai 20 ai 40 anni, colà emigrati di recente.
Più in generale le nostre Associazioni e i nostri Circoli all’estero possono e devono costituire un punto di riferimento, di orientamento, di accompagnamento e di tutela per la nuova emigrazione. Se vogliamo, ciò può rappresentare un nuovo ruolo che i nostri Circoli possono svolgere e, forse, il futuro stesso delle nostre Associazioni.
Conclusioni
Cari amici,
con l’assemblea di oggi si chiude la mia Presidenza dell’AGM, durata 15 anni come quella di Dario Rinaldi. Certo, avrei voluto concluderla con le celebrazioni del 50°, ma si è messa di mezzo la pandemia da Coronavirus che ci ha costretto a spostarle al 2021, e abbiamo fatto bene, vista la recrudescenza di questi giorni.
Mi piace ricordare che tutto cominciò con la mia partecipazione, in altra veste, alla delegazione che nel lontano 1986 si recò in Australia a consegnare il San Giusto d’oro alla Comunità giuliana.
Da quella visita e da quegli incontri, estremamente coinvolgenti e particolarmente commoventi, è nato il mio impegno a favore degli emigrati giuliani.
Presiedere l’Associazione giuliani nel mondo è stato per me un grande onore ed una bellissima esperienza che mi ha permesso di conoscere tanti Paesi, ma soprattutto tantissime persone - alcune delle quali ahimè non ci sono più - con le quali si è consolidato negli anni un rapporto di amicizia e di affetto.
Ho cercato di fare del mio meglio, contemperando gli impegni di lavoro con quelli associativi, in mezzo a crescenti difficoltà, sia di carattere finanziario che regolamentare con la Regione, e ad un non sempre facile rapporto fra le altre associazioni, fra le quali abbiamo spesso dovuto esercitare un ruolo di coordinamento e di mediazione.
A chi mi chiede quale sarà il futuro della nostra Associazione rispondo che, a mio avviso, il problema di fondo è che col venir meno della prima generazione dell’emigrazione e con le difficoltà di coinvolgimento dei discendenti che riguardano un po' tutte le associazioni, o riusciamo a dare nuova linfa intercettando la nuova emigrazione oppure le nostre comunità all’estero sono destinate progressivamente a scomparire oppure a diluirsi in una presenza “regionale” (cioè senza distinzioni “provinciali”) se non addirittura “nazionale” (cioè senza connotazioni “regionali”), anche per quella che temo sarà una progressiva diminuzione dei fondi.
Certamente rimangono molti problemi ancora aperti di miglioramento della nostra organizzazione, che dovrà sempre più adeguarsi ai tempi, strutturandosi per le videoconferenze - che pur non sostituendo il contatto umano, costituiranno una forma di coinvolgimento dei nostri Circoli che dovremo usare sempre più spesso - e potenziando la comunicazione e l’utilizzo dei social network.
Cari amici,
concludendo, consentitemi un particolare ringraziamento a tutti coloro che mi hanno affiancato in questi anni nella conduzione dell’Associazione:
il Presidente onorario, Dario Rinaldi - cui va il mio/nostro più affettuoso saluto - i miei vicepresidenti Eugenio Ambrosi, Paolo De Gavardo e Franco Miniussi, il Presidente del Collegio dei Revisori dei Conti, Claudio Sambri, Leonardo Gambo e tutti gli altri membri dell’esecutivo e del direttivo, il direttore Fabio Ziberna, le signore Marina Radivo, Rosalba Perich, Ilara Cigar ed Erika Bacher.
Infine, al nuovo Presidente auguro di ritrovare all’interno dell’associazione il clima da “grande famiglia” che io ho respirato per gran parte del mio mandato e che era quello che rendeva piacevole un’attività comunque impegnativa e sempre più faticosa di volontariato.
Lo dico perché, accanto a molti momenti gratificanti, non nascondo di aver avuto, negli ultimi tempi, qualche delusione, dal punto di vista dei rapporti umani, che mi ha profondamente amareggiato.
Ciononostante, se verrà ritenuto opportuno, continuerò a dare una mano all’Associazione e al suo nuovo Presidente - cui formulo fin d’ora i miei migliori auguri di buon lavoro - per ricostruire l’armonia che ci ha sempre contraddistinto.
Vi ringrazio per l’attenzione,
Dario Locchi, Presidente dell’AGM